siti

martedì 16 settembre 2014

E' il Follett Day, arriva I giorni dell'Eternità


E’ arrivato il giorno, il Follett Day, quello per il quale gli appassionati di Ken Follett hanno messo in piedi un vero e proprio conto alla rovescia. Oggi, infatti, esce in contemporanea mondiale I giorni dell’Eternità, l’ultimo capitolo della Century Trilogy che narra la storia dell’Europa del Novecento accompagnando la vita di cinque famiglie, legate tra loro, provenienti da America, Germania, Russia, Inghilterra e Galles. I primi due volumi, La caduta dei giganti e L’inverno del mondo, erano ambientati ognuno in una delle guerre mondiali e avevano lasciato in sospeso il discorso sull’inizio della guerra fredda tra Occidente e Unione Sovietica. Adesso il cerchio si chiude.
In attesa di mettere le mani sulle oltre 1200 pagine dell’opera, segnaliamo qual è la trama. Dai palazzi del potere alle case della gente comune, le storie dei protagonisti si snodano e si intrecciano nel periodo che va dai primi anni Sessanta fino alla caduta del Muro di Berlino, passando attraverso eventi sociali, politici ed economici tra i più drammatici e significativi del cosiddetto "Secolo breve": le lotte per i diritti civili in America, la crisi dei missili di Cuba, la Guerra fredda, le prime sfide per la conquista dello spazio come simbolo di superiorità tra le due superpotenze, gli omicidi dei fratelli Kennedy e di Martin Luther King, il Vietnam, lo scandalo del Watergate, ma anche i Beatles e la nascita del rock'n'roll.
Quando Rebecca Hoffmann, insegnante della Germania Est, scopre di essere stata spiata per anni dalla Stasi prende una decisione che avrà pesanti conseguenze sulla sua famiglia. In America, George Jakes, figlio di una coppia mista, rinuncia a una promettente carriera legale per entrare al dipartimento di Giustizia di Robert Kennedy e partecipa alla dura battaglia contro la segregazione razziale. Cameron Dewar, nipote di un senatore del Congresso, non si lascia scappare l'occasione di fare spionaggio per una causa in cui crede fermamente, ma solo per scoprire che il mondo è molto più pericoloso di quanto pensi. Dimka Dvorkin, giovane assistente di Nikita Chruscev, diventa un personaggio di spicco proprio mentre Stati Uniti e Unione Sovietica si ritrovano sull'orlo di una crisi che sembra senza via d'uscita.
I giorni dell'eternità è l'affascinante racconto di un'epoca ricca di svolte la cui eco si fa ancora sentire ai giorni nostri, gli anni della contestazione e dei grandi movimenti di massa, anni in cui la lotta per la supremazia tra blocco sovietico e blocco occidentale, con il pericolo ricorrente di un conflitto nucleare apocalittico, ha influenzato la vita di milioni di persone.

lunedì 28 aprile 2014

Un volto tra la folla: King torna a privilegiare il digitale

Come un Re Mida che trasforma in oro tutto quello che tocca, Stephen King sa di poter fare quello che vuole, tanto il successo arriverà come un treno in perfetto orario. Anche gli esperimenti su come far uscire i suoi lavori fanno parte di tale tendenza. Così, se per Joyland aveva bandito il digitale a favore del cartaceo per restituire fiato alle librerie tradizionali (leggere qui), domani manderà sul mercato italiano un ebook, dunque destinato solo a chi possiede un reader elettronico, composto a 4 mani con Stewart O’Nan. A farlo uscire ci penserà la Sperling & Kupfer, che da giorni ha messo in piedi una campagna pubblicitaria con conto alla rovescia identica a quella che ha accompagnato l’approdo sugli scaffali di Doctor Sleep. Il titolo della fatica del Re (e del suo adepto) è Un volto tra la folla.
La trama? E’ presto detta: Dan Evers, rimasto vedovo di Ellie, trascorre una pigra vecchiaia mangiando cibo riscaldato e guardando il baseball in tv. Finché una sera gli sembra di scorgere un volto famigliare tra la folla in tribuna: è il suo vecchio dentista, che credeva morto. Il giorno dopo, Dan vede sullo schermo il volto del suo ex socio, defunto da tempo. Quando a comparire tra i tifosi è sua moglie Ellie, Dan decide che è venuto il momento di verificare di persona, andando allo stadio di St. Petersburg. Fantasmi nell’universo del “batti e corri” statunitense, si può supporre, ovvero horror come solo lo zio Stephen sa creare mischiato a quanto di più americano possa esistere insieme alla torta di mele. L’operazione, sulla carta, sembra intrigante, ma del resto qualsiasi cosa partorita da King vale la pena di essere sfogliata. Anche se alla fine non dovesse piacere (e a me è capitata anche tale esperienza), un giro sulla giostra merita a prescindere.
Resta solo un punto interrogativo: chi è Stewart O'Nan, che lo affianca in questa avventura? In Italia è un autore inedito, quindi è complicato stilarne un giudizio, ma negli States è reputato uno dei migliori giovani talenti dei generi horror e thriller, quindi non resta che fidarsi. Tanto, a breve, i suoi libri arriveranno sulla scia del successo annunciato di un volto tra la folla. Siamo pronti a scommetterci?

sabato 5 aprile 2014

Buon compleanno, Carrie

Oggi è una data da segnare con il circoletto rosso sul calendario. Il 5 aprile 1974, infatti, vide la luce per la prima volta Carrie, l’opera di un insegnante 26enne che arrotondava lavorando in una lavanderia. Quell’uomo era Stephen King. Un nome una garanzia, inutile dilungarsi troppo. La sua carriera decollò proprio da quell’opera che, per usare le parole di Ramsey Campbell, “ha stravolto il genere horror come una bomba”.
Il libro sta vivendo un periodo di ennesima giovinezza grazie al film, uscito l’anno scorso, con Chloë Grace Moretz nei panni che furono di Sissy Spacek nel 1976, ma in realtà non ha mai smesso di vendere e di destare interesse. Per questo, visto che oggi è in qualche modo il suo compleanno, andiamo a rileggere cosa ha raccontato lo stesso King sulla sua genesi nel saggio On writing.
“Mentre frequentava l'università, mio fratello Dave lavorava d'estate come portiere alla Brunswick High School, la sua alma mater. Un'estate, per qualche tempo, ci lavorai anch'io. ... Dovevo avere diciannove o vent'anni. Fui messo in coppia con un certo Harry, che indossava una tuta verde, aveva una grossa catena portachiavi, e camminava zoppicando. .... Un giorno dovevamo togliere le macchie di ruggine dalle pareti delle docce delle ragazze. Contemplai lo spogliatoio con l'interesse di un giovane islamico che per qualche ragione si ritrovi nell'alloggio riservato alle donne. Era uguale allo spogliatoio dei maschi, ma anche completamente diverso. Non c'erano orinali, naturalmente, mentre, fissate alle pareti piastrellate, c'erano due cassette di metallo in più, senza scritte e delle dimensioni sbagliate perché potessero essere per le salviette di carta. Chiesi che cosa contenessero. «Tappapassere», rispose Harry. «Per quei certi giorni del mese.»
Notai anche che i box delle docce, a differenza di quelli dello spogliatoio maschile, erano dotati di tende di plastica rosa. Loro potevano lavarsi in intimità. .... L'episodio mi riaffiorò alla mente un giorno mentre lavoravo in lavanderia e cominciai a visualizzare la scena d'apertura di un racconto: ragazze che fanno la doccia in uno spogliatoio dove non ci sono tende di plastica rosa e non c'è privacy. E una di loro comincia in quel momento il suo ciclo mestruale. Solo che non sa di che cosa si tratta e le altre ragazze, disgustate, orripilate, divertite, cominciano a bombardarla di assorbenti. ... La ragazza comincia a strillare. Tutto quel sangue! Crede di essere sul punto di morire e che tutte le altre ragazze la stanno prendendo in giro mentre lei sta spirando dissanguata... reagisce... contrattacca... ma come? Qualche anno prima, sulla rivista Life avevo letto un articolo in cui si ipotizzava che almeno alcuni casi di fenomeni ritenuti di poltergeist potessero invece dipendere dalla telecinesi, la capacità cioè di spostare oggetti con la sola forza del pensiero. C'erano elementi che sembravano indicare la possibile presenza di questa capacità nei giovani, spiegava l'articolo, specialmente ragazze nella prima adolescenza, intorno all'epoca del loro primo...
Bang! Due fatti separati, la crudeltà adolescenziale e la telecinesi, erano entrati in contatto e mi avevano dato un'idea. Non per questo abbandonai la mia postazione alla Washex n° 2, né mi misi a correre per la lavanderia agitando le braccia e gridando: «Eureka!» Avevo avuto molte altre idee altrettanto buone e alcune anche migliori. .... La storia rimase per un po' al calduccio, a incubare in quel limbo che non è coscienza, ma non è nemmeno totale inconsapevolezza. Prima che mi mettessi a tavolino una sera per fare un tentativo, avevo iniziato la mia carriera di insegnante.
Compilai tre pagine a spaziatura singola, poi le accartocciai disgustato e le gettai via. Avevo quattro problemi con ciò che avevo scritto. Il primo e meno importante era il fatto che la storia non mi toccava sul piano emotivo. Il secondo e un po' più importante era il fatto che non mi piaceva molto la protagonista. Carrie White era ottusa e passiva, una vittima predestinata. ... Il terzo problema, più importante ancora, era il disagio in cui mi sentivo nei confronti dell'ambientazione e di un cast tutto femminile. Ero atterrato sul Pianeta Donna e una sola puntata nello spogliatoio femminile nella Brunswick High di qualche anno prima non mi bastava per navigarci con disinvoltura. A me scrivere riesce sempre al meglio quando è un fatto intimo, sensuale come pelle sulla pelle. Con Carrie avevo la sensazione di aver addosso una muta di gomma che non potevo sfilarmi. Il quarto e più importante di tutti fu rendermi conto che la storia non avrebbe potuto funzionare se non fosse stata adeguatamente lunga.. Non mi ci vedevo a sprecare due settimane, forse persino un mese, per scrivere una novella che non mi piaceva e che non sarei stato in grado di vendere. Così la buttai via.
La sera dopo, tornato a casa da scuola, trovai Tabby con le pagine che avevo scartato. Le aveva viste mentre svuotava il mio cestino, aveva ripulito i cartocci dalla cenere delle sigarette, li aveva lisciati e letti. Voleva che andassi avanti, disse. Voleva sapere come andava a finire. Le risposi che non sapevo un bel ... niente di studentesse di liceo. Lei mi disse che mi avrebbe dato una mano. Aveva abbassato il mento e sorrideva in quel modo così accattivante. «Questa l'hai centrata», disse. «Lo dico sul serio.»"
E così, grazie alla lungimiranza della signora Tabitha Jane Spruce in King, scrittrice e fotografa appassionata di opere filantropiche, Carrie la pazza ha concluso il suo cammino ed è arrivata fino a noi pur non essendo simpatica al suo autore. Per fortuna…

mercoledì 26 marzo 2014

Rebecca e il suo Inferno da vivere senza pause


Lo confesso: ho ricevuto un regalo insperato dalla mia amica Federica D’Ascani, autrice italiana conosciuta qualche anno fa in altri Regni e in altre situazioni e che, dopo un periodo di silenzio, ha ripreso in mano la sua voglia di scrivere, ha fatto irruzione nella biblioteca e mi ha consegnato una sua opera all’epoca ancora inedita, alla ricerca di un editore che ci credesse. Un bel privilegio e un onore che denota fiducia.
Per questo ho accantonato l’idea di impugnare Doctor Sleep di Stephen King, mi sono procurato un casco di banane per non rimanere sprovvisto di energie e ho dato il via all’impresa. Che, lo dico subito, è stata più ardua e sofferta di quanto mi aspettassi all’inizio. Il documento word che mi è arrivato via mail non era neanche troppo lungo, pensavo di cavarmela in una settimana al massimo… invece ci ho messo oltre un mese a raggiungere l’ultima pagina, con sofferenza e voglia di mollare tutto a più riprese. Nel frattempo, però, la crisalide è diventata farfalla e ha trovato chi, dopo qualche rifiuto, le ha dato fiducia e l’ha mandata sia in stampa che in digitale. Protagonista di tanta premessa è L’Inferno di Rebecca (Damster Edizioni), che tra l’altro partecipa all'Eroxè Context 2014 per il miglior romanzo erotico e che, in formato ebook, è adesso a disposizione nei maggiori store on line, compreso ITunes.
Per la trama mi affido a chi ne ha già redatto la sinossi: “Rebecca è stata ricoverata in una clinica per malattie mentali. Accusa: tentato omicidio; se colposo lo stabilirà il dottor Porte. Il fatto certo è che la ragazza, per molti versi, è davvero inquietante. Che sia affetta da una sorta di doppia personalità? E la sua vittima, Stefano, potrebbe rivelarsi, invece, un carnefice efferato e privo di sentimenti, se non quelli dettati dalle sue fantasie erotiche più sfrenate? Fino a dove può condurre la violenza, nella sua accezione più generale? Dove termina la paura e inizia la pazzia? Viaggiando nei meandri di un mondo torbido, fatto di sesso, perversioni e venerazioni a dei pagani, Rebecca svelerà i suoi misteri, rivelando quanto di malato può annidarsi nella mente di una persona apparentemente normale. O apparentemente pazza”.
Detto questo, mi permetto di esprimere un mio giudizio, doveroso visto il trattamento di favore che mi è stato riservato in questa occasione. Conoscevo Federica come autrice horror con una spiccata propensione verso il diavolo e il satanico, come testimoniato dalla sua prima opera, Dacon, di cui ho parlato qui. Il tema si ritrova, come anche certi nomi della sua precedente fatica che danno un’impressione di collegamento tra le due storie che probabilmente non c’è, ma che aleggia in sottofondo. E’ con queste attese che ho intrapreso la lettura, e mi sono immediatamente sentito spiazzato perché non ho trovato niente di conosciuto per oltre tre quarti della narrazione. La violenza e il sesso sfrenato erano presenti anche in Dacon, ma qui sono un vero tsunami, piovono da ogni parte in maniera prepotente, come una scarica di pugni da cui è difficile difendersi perché colpiscono ovunque. Il campionario è completo: prevaricazione, stupro, sodomia, omosessualità a pagamento, incesto, e poi a fare da contraltare anche l’amore con sentimenti veri e puri. A volte le descrizioni sono così crude che fanno venire il nodo allo stomaco e il ronzio in testa, tanto che la mia resistenza da bibliotecario orango è crollata e ho dovuto abbandonare, con l’intenzione di non ripartire. Ma poi la curiosità di scoprire come va a finire è stata più forte, e sono tornato alle pagine che mi attendevano. Non mi dilungherò sulla trama, ma sulle sensazioni che l’Inferno scatena. Certe situazioni sono tratteggiate in maniera così precisa e dettagliata che viene il sospetto che possano essere frutto di esperienza diretta dell’autrice, che ne sa troppo per poterlo aver solo immaginato. Chi la conosce almeno un po’ dal punto di vista personale (come nel mio caso) non arriva a pensare che ci sia passata personalmente, ma l’idea preponderante è che ci sia qualcuno nella sua cerchia che ha sperimentato certe aberrazioni sulla propria pelle e che Federica ne abbia assorbito ogni stilla di esperienza per poi trasferirla nel libro. Ti aspetti l’opera horror, ti trovi un sabbah infernale di sessualità malata, di cattiveria, di inclinazioni che dovrebbero essere messe al bando. Nel finale, si torna ai noti lidi demoniaci, ed è quasi un sollievo, anche se le battute conclusive, che ribaltano molto di quello che si è letto fino a quel momento, stridono con l’atmosfera e, con l’introduzione di subdole divinità pagane, forniscono perfino brandelli di giustificazione a chi ha compiuto le peggiori porcherie e si è guadagnato il disprezzo del lettore riga dopo riga. La chiusura è il vero punto debole, suona un po’ affrettata e sembra messa lì perché il diavolo e la sua corte dovevano balzare sul palcoscenico a tutti i costi. E’ vero che non se ne poteva fare a meno, perché c’erano dei fili da tirare, annodare e tagliare prima della parola “fine”, ma sinceramente il tutto poteva accadere in maniera meno roboante, carnevalesca e, soprattutto, irreale. E’ una baracconata da circo al termine di un percorso tremendamente e tristemente veritiero, visto che è tema attuale e non marziano l’esistenza della prevaricazione sessuale come arma di potere che può spezzare vite, famiglie ed equilibri della psiche.
In definitiva: per le forti sensazioni che procura e per i brividi,  L’Inferno di Rebecca deve essere letto. A tutti i costi. Perché la violenza sulle donne esiste, e non di rado sfocia nella morte intellettuale o, peggio ancora, fisica della vittima. "Femminicidio" è un termine tristemente entrato nell'uso comune, ormai. Allora inutile nascondersi sotto la coperta, meglio addentrarsi nel labirinto insieme a chi ha avuto il coraggio di occuparsene, anche se lo ha fatto con parole e situazioni che sembrano rasoiate. Ma l’equipaggiamento per la scalata è scarno quanto fondamentale: servono stomaco forte e la voglia incrollabile di finirlo tutto d’un fiato, meglio se in un giorno solo (o una notte, a seconda dei gusti). Perché se si cede alla tentazione di abbandonare il vortice per recuperare energie, potrebbe poi mancare il coraggio di riallacciare.

giovedì 13 marzo 2014

Il figlio del cimitero, ovvero il libro della jungla tra le tombe

Ho letto quasi per scommessa Il figlio del cimitero di Neil Gaiman per "disintossicarmi" dalle tensioni di un'opera di cui prometto di parlare a breve, appena avrò tempo di scrivere esattamente quello che ho provato sfogliandola. Di questo autore avevo già letto Coraline, e sinceramente come come libro l'avevo trovato un po' sopravvalutato, ma quando un amico mi ha messo in mano questo Oscar Mondadori, mi sono tuffato nell'impresa e l'ho divorato in un giorno. Che dire? Un po' Tim Burton e un po' Libro della jungla, l'ho adorato.
A grandi linee, è una storia di fantasmi, di misteri, di viaggi ultraterreni, di magia, con un spruzzo di horror e molta poesia spalmata a schiaffi e a crudo. Bod Owens è l'unico sopravvissuto al massacro della sua famiglia e vive in un cimitero, allevato dagli spiriti di chi non c'è più. Con il passare delle stagioni, però, lo spazio chiuso dai recinti e fatto di lapidi e tombe diventa stretto, così cresce il desiderio di andare a conoscere il mondo reale, a costo di rischiare la vita, visto che il killer che gli ha cambiato il corso dell'esistenza è ancora in giro e lo sta cercando. Sui fili di questo canovaccio, si inseriscono avventure straordinarie, da vivere con il batticuore o con un fazzoletto a portata di mano. Il viaggio del protagonista dalla fanciullezza all'adolescenza procede grazie a compagni indimenticabili (uno su tutti: Silas. Per conoscerlo non resta che leggere il libro, non c'è da pentirsene), ma anche attraverso lo sviluppo di abilità negate ai comuni mortali, come la dissolvenza. E' così che il nostro eroe arriverà al giorno in cui potrà affrontare il suo eterno nemico.
Alla fine dell'ultima riga resta un senso di frustrazione e di incompiuto che quasi toglie il fiato. Manca ancora tanto da spiegare, da sviscerare, da chiarire. E poi l' "espulsione" di Bod verso il "fuori" è troppo improvvisa, violenta, per certi versi imprevista. C'è la voglia di leggere altre 100 pagine, e magari non basterebbero. Gaiman è maledettamente dark e coinvolgente, tanto che per Il figlio del cimitero è riduttivo parlare di favola per bambini. Lo consiglio senz'altro, è un viaggio nelle tenebre da fare.

venerdì 28 febbraio 2014

Un eroe in fuga per dare una lezione ai nazisti


Si è parlato tanto di Olocausto e di libri per non dimenticare l'orrore nazista. Al fianco di tale filone si può individuare quello relativo alle tragedie della guerra, qualunque essa sia, e qui si inserisce Un eroe in fuga di Simon Pearson, fatto uscire da Newton Compton. E' la biografia del leggendarioufficiale della Royal air force Roger Bushell, che nel maggio del 1940 viene colpito mentre è in ricognizione con il suo Spitfire sopra i cieli di Boulogne, nella Francia occupata dai tedeschi. Fatto prigioniero,tenterà per tre volte di scappare dai suoi nemici. La prima volta riuscirà ad arrivare a poche centinaia di metri dal confine svizzero. Nella seconda occasione giungerà fino a Praga, dove si unirà alla Resistenza ceca per otto mesi, prima di essere nuovamente catturato dai tedeschi. La terza è la famosissima evasione dal campo di prigionia dello Stalag Luft III, immortalata sul grande schermo nel film di John Sturges, La grande fuga. Catturato dopo qualche giorno, Bushell verrà fucilato su esplicito ordine di Adolf Hitler il 29 marzo 1944.
Grazie alla sua straordinaria impresa, però, l’eroe della Raf impartirà una lezione memorabile alla Germania nazista, passando alla storia e conquistando un posto indelebile nell’immaginario collettivo mondiale. Si è saputo pochissimo su di lui, fino a quando la sua famiglia non ha donato le sue carte private, un tesoro fatto di lettere, fotografie e diari. Attraverso l’accesso esclusivo a questo materiale è venuto fuori questo libro.

venerdì 21 febbraio 2014

Nazi-giapponesi contro il Diario di Anna Frank

La stupidità umana non ha davvero mai limite.
Copie de Il diario di Anna Frank e altri 264 libri che parlano della giovane vittima dell’Olocausto sono stati danneggiati dalla fine di gennaio in 31 biblioteche pubbliche di Tokyo, in Giappone. Decine di  pagine sono infatti state strappate dai volumi, per motivi ancora oscuri. La polizia sta indagando, mentre il personale di una delle biblioteche spiega che i libri danneggiati potrebbero essere stati trovati usando le parole chiave "Anna Frank" nel  database online dell’istituto. Almeno una delle biblioteche ha deciso di tenere dietro il banco principale i libri in qualche modo correlati alla giovane autrice, uccisa dai nazisti nella Seconda guerra mondiale.
Anna Frank scrisse il proprio diario  mentre si nascondeva dai tedeschi e morì a 15 anni in un campo di concentramento, dopo che la sua famiglia fu tradita. Il suo resoconto dei giorni passati nel nascondiglio è diventato il più letto documento sull’Olocausto.